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Euzophera spp: il lepidottero che attacca gli olivi.

Nelle ultime annate il settore olivicolo italiano è stato interessato da avversità precedentemente poco note tra le quali vi è anche Euzophera.  

Si tratta di un lepidottero presente in maniera diffusa in Spagna, con la specie Euzophera pinguis, e osservato anche in Grecia a partire dal 2021. In Italia la presenza è stata certificata in Liguria.

Esiste anche una seconda specie di interesse agrario, Euzophera bigella, un lepidottero diffuso, anche in Italia, per lo più sulle piante da frutto, ma che negli ultimi anni è stato riconosciuto anche su olivo.

L’insetto adulto di Euzophera spp è una farfalla, lunga 15-20 mm e con apertura alare di circa 12-14 mm, di color marrone scuro-beige. Le ali presentano il terzo basale bruno con la caratteristica linea di colore più chiaro con andamento a zig zag. Euzophera bigella si presenta di colore più scuro, rispetto ad E. pinguis, e di dimensioni leggermente inferiori (15-20 mm).

La prima generazione si sviluppa a partire da marzo/aprile, quando gli adulti si accoppiano e le femmine depongono le uova sulla corteccia nelle fessure o nelle ferite causate da potature o patologie preesistenti, come ad esempio la rogna. Le larve sono di colore bianco ai primi stadi, per poi virare ad un colore verde chiaro con testa marrone (E. pinguis) o più scuro (E. bigella).

L’attività dell’insetto diminuisce nei periodi più caldi, per sviluppare poi una seconda generazione a settembre, che si sviluppa nel corso dell’autunno e dell’inverno sino alla formazione delle pupe nel mese di febbraio.

In condizioni climatiche favorevoli possono svilupparsi tre generazioni.

Le larve svolgono il loro ciclo penetrando nel legno e scavando gallerie sottocorticali, fino alla fuoriuscita dell’adulto: il danno ai tessuti impedisce la circolazione della linfa e causa l’indebolimento del ramo al di sopra della parte colpita. La corteccia delle branche colpite presenta fessurazioni ed ingrossamenti, con foglie di colore verde pallido, ingiallite e disseccamenti. L’attività favorisce inoltre l’insediamento di altri patogeni, quali ad esempio rogna, con gravi danni che possono portare al disseccamento di rami o addirittura di branche.

Storicamente non si sono attuate strategia di difesa per il contrasto di questa specie per via della scarsa presenza e dei danni limitati.

La diffusione sempre maggiore e l’insorgenza di danni anche di forte entità hanno reso necessaria la definizione di misure di contrasto.

Tra queste vi sono sicuramente le misure agronomiche preventive di contrasto alla rogna come, ad esempio, la limitazione e la disinfezione di tagli e ferite in modo da limitare l’insediamento dell’insetto.

Dal canto suo, la lotta chimica presenta molteplici criticità derivanti, da un lato dalla mancanza di protocolli definiti, dall’altro dalla localizzazione dell’insetto sulla pianta, ben protetto al di sotto della corteccia. Una lotta efficace richiede dunque un’attenta attività di monitoraggio, al fine di identificare il volo dell’insetto ed agire sullo stesso, prima che trovi rifugio nella pianta.

Attualmente sono in corso alcune prove di contrasto al fine di individuare quali siano le molecole e le strategie più efficaci per il contenimento del fitofago. Alcuni test prevedono l’impiego di insetticidi quali, ad esempio, fosmet e acetamiprid, mentre nei protocolli biologici una miscela di olio bianco con azadiractina e piretro che consente di agire sia sugli adulti che sulle larve.

Ulteriori prove stanno invece verificando l’efficacia della lotta mediante antagonisti, sfruttando il fungo Beauveria bassiana, il quale parassitizza l’insetto per poi secernere al suo interno tossine letali.

Un’ulteriore strategia consiste nella cattura massale e confusione sessuale dell’insetto mediante l’installazione di trappole a feromoni. L’attenzione va riposta nell’identificazione dell’insetto effettivamente presente in campo, in quanto i feromoni attivi per E. bigella non lo sono per E. pinguis e viceversa. L’ attuazione della tecnica descritta deve dunque essere anticipata da un’attenta attività di monitoraggio del volo autunnale, installando trappole contenenti feromoni attivi nei confronti di entrambi gli insetti, per poi concentrare la difesa nei confronti della specie così identificata.

Si sottolinea che i metodi di lotta descritti, sono da ritenersi sperimentali in quanto in fase di valutazione proprio in virtù della mancanza di linee guida.