La potatura è uno degli argomenti maggiormente discussi nel settore del verde urbano in virtù del fatto che la tecnica di potatura degli ultimi 50 anni ha cristallizzato un modello in cui operatori e committenti, pubblici e privati, si identificano. Le deviazioni dal modello sono, quindi, viste come incapacità o inattività.
In realtà, per meglio comprendere la potatura è necessario partire dal principio cardine della morfofisiologia arborea: le piante non hanno bisogno della potatura. Nei fatti, le piante si autoregolano e sviluppano la chioma per massimizzare la capacità fotosintetica e limitare lo sviluppo di competitori nei confronti delle risorse. La potatura è quindi una pratica non necessaria, che in talune condizioni diventa un male necessario, ma che deve essere gestita in modo da ridurre al minimo il danno presente e futuro.
La potatura è quindi una necessità dall’uomo per i propri fini come per esempio:
- Mantenere costante la produzione e facilitare le operazioni colturali nel caso di alberi da frutto;
- Aumentare il valore estetico, o favorendo la fioritura o mantenendo l’albero in una forma obbligata;
- Correggere i difetti strutturali o eliminare parti della chioma malate o pericolose;
- Ridurre il conflitto con i manufatti.
Nei punti precedenti non è stata menzionata la riduzione della dimensione, poiché si tratta di una pratica errata, conseguenza di un primo errore: il posizionamento di un esemplare in un ambiente inadatto. Nell’ambito della progettazione dovrà essere, quindi, considerata la dimensione delle piante a maturità per evitare un doppio aggravio: elevati costi di impianto per l’utilizzo di un elevato numero di esemplari o di dimensioni elevate e onerosi interventi di taglio per evitare la problematica di sovraffollamento degli spazi o di interferenza con i manufatti.
Partendo dal presupposto che la potatura è sempre uno stress per la pianta, è necessario posizionarlo nel periodo di minima sensibilità.
Periodo migliore per la potatura delle piante ornamentali
Per le latifoglie a foglia caduca la suddivisione temporale è la seguente:
– Ripresa vegetativa (marzo-maggio): è il periodo peggiore. La pianta sta utilizzando le riserve accumulate nell’apparato radicale per produrre nuove foglie, in questa fase la produzione di fotosintetati è minima perché le foglie non sono ancora mature e quindi la pianta mal sopporta un’asportazione di materiale vegetale;
– Massimo rigoglio (giugno-luglio): l’apparato fotosintetizzante è totalmente sviluppato e la pianta produce più energia di quella che consuma, energia che sfrutta per crescere, fiorire e produrre frutti. Intervenire in questa fase andrebbe a discapito dello sviluppo dell’albero, anche se la compartimentazione dei tessuti (erroneamente chiamata “cicatrizzazione”) avviene rapidamente.
– Accumulo di risorse (agosto-ottobre): La pianta ha completato il suo sviluppo, ha portato a maturazione i frutti e l’energia che produce la utilizza per lignificare i tessuti e accumulare risorse per la stagione successiva, trasferendo fotosintetati dalle foglie agli organi di riserva. Anche in questa fase non è raccomandato intervenire
– Riposo vegetativo (novembre-febbraio) : il periodo che va dalla caduta delle foglie all’ingrossamento delle gemme è il migliore per gli interventi. In questo periodo le attività della pianta sono ridotte al minimo ed è quindi possibile intervenire senza gravi ripercussioni sullo sviluppo della pianta.
In generale il periodo migliore è quindi l’inverno (potatura secca), anche se è possibile eseguire una potatura estiva (potatura verde) appena dopo la maturazione delle foglie, ma deve essere limitata al 10% dell’intera chioma. Tale tipologia di interventi dovrebbe riguardare polloni e succhioni, per evitare che la pianta disperda in queste strutture risorse che nella norma hanno forma fortemente vegetativa e richiedono di essere eliminate in seguito. Il taglio precoce consente di limitare la dimensione dei tagli favorendo una rapida cicatrizzazione.
Le conifere, possono essere potate in qualsiasi momento dell’anno senza grosse ripercussioni, ma è sicuramente preferibile intervenire durante il riposo vegetativo, così da ridurre lo stress.
A questa regola generale si applicano alcune varianti.
Nel caso in cui la pianta fiorisca sui rami formatisi l’anno precedente si andrà a potare una volta finita la fioritura raccorciando il ramo che ha fiorito, questo perché se si dovesse interviene durante l’inverno si andrebbero a rimuovere la maggior parte delle gemme fiorali. (es: Forsythia, Berberis, Deutzia). Riguardo alle siepi sempreverdi non è facile dare un’indicazione omnicomprensiva: Bosso e Photinia preferiscono una potatura estiva evitando il periodo più caldo e siccitoso, Ligustro e Euonymus vanno potati 2 volte l’anno in primavera e a fine estate, alloro e il Lauroceraso in tardo inverno o prima primavera (evitando quelle tardive per limitare lo sviluppi di oidio sulle foglie di neoformazione), il Pittosporo a ottobre-novembre mentre la Lavanda a inizio primavera e dopo la fioritura.