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Uso sostenibile agrofarmaci: prospettive future in chiaro scuro

Nei palazzi della politica, e non solo, è tutto un gran vociare riguardo all’uso sostenibile degli agrofarmaci.

Tutti i documenti adottati dalle istituzioni Europee nel corso degli anni hanno evidenziato gli insufficienti risultati conseguiti dalla direttiva 128/2009 i cui punti critici sono stati i seguenti:

  • Mancata applicazione dei principi della difesa integrata;
  • Mancanza di obiettivi quantitativi;
  • Controllo funzionale degli agrofarmaci;
  • Tutela delle acque della biodiversità
  • Disomogeneità del livello di applicazione da parte degli stati membri

Tale fallimento ha portato a sostituire, sotto la pressione delle associazioni ambientaliste, il concetto dell’uso sostenibile con quella  della riduzione delle quantità utilizzate.

Nel corso del processo di revisione la Commissione europea ha pubblicato “the European Green Deal”, la strategia Farm to Fork e Biodiversity 2030 con propositi molto ambiziosi e, forse, altrettanto inapplicabili:

  • 50 % riduzione di tutti i fitofarmaci;
  • 50 % Prodotti Fitosanitari più pericolosi;
  • 20 % fertilizzanti;
  • 50 % delle venditi e di antibiotici in allevamenti;
  • 25 % terreni bio;
  • entro il 2030 il 30 % delle aree rurali e marine europee protette;
  • trasformare il 10 % delle superfici agricole in aree a alta biodiversità.

A tutti gli operatori del settore questi obiettivi sono subito apparsi inarrivabili a meno di rinunciare a buona parte della redditività delle aziende agricole. Il giusto e virtuoso processo di ottimizzazione delle risorse non deve, infatti, travalicare l’oggettività, ponendosi vincoli che andrebbero a minare la capacità produttiva delle aziende sia in termini quantitativi che qualitativi.

La forte perdita di produzione avrebbe ricadute sia economiche che occupazionali su tutta la filiera con possibili ripercussioni anche sui prodotti a Denominazione, base fondante del sistema produttivo di qualità europeo.

Le agroindustrie sarebbero costrette ad attivare catene di approvvigionamento extra UE con i relativi rischi legati al mancato controllo delle produzioni e alla mancata consegna, come la crisi del Covid e l’aggressione Russa all’Ucraina hanno dimostrato.

I costi per i consumatori potrebbero essere rilevanti, e l’eventuale accaparramento di materie prime nei paesi del terzo mondo potrebbe determinare crisi umanitarie con forti flussi migratori.

Il 22 giugno 2022 è stato avviato il processo di approvazione della proposta di Regolamento  2021/2115 che dovrebbe sostituire la 2009/128/CE e la proposta di regolamento sul ripristino della natura.

La differenza sostanziale tra la Direttiva ed il Regolamento sta nel fatto che quest’ultimo è vincolante e deve essere applicato in tutti i suoi elementi per l’intera Unione europea, senza atti di recepimento da parte dello stato membro.

Gli obiettivi, elencati in precedenza, presentano alcuni limiti:

  • l’obiettivo di riduzione del 50 %, che diviene il 62% per l’Italia, degli agrofarmaci è molto ambizioso;
  • La riduzione non tiene conto del profondo calo nell’uso di prodotto fitosanitari che, per l’Italia, è pari al 35 % nel 2022 ma che aveva raggiunto il 44% nel 2021.
  • Per molti agrofarmaci, anche in relazione alla forte riduzione di sostanze attive determinato dalla direttiva 1107/2009, non ci sono alternative, determinando il rischio di vedere minata la capacità produttiva.
  • Il target del 25% delle superficie a biologico appare molto lontano, con una media europea ferma all’8,5%, con l’Italia al 15,2% primo paese tra quelli a grande estensione coltivata dopo Austria, Estonia, Svezia e repubblica Ceca.
  • Definizione delle aree sensibili e Natura 2000 in cui l’uso dei fitosanitari sarebbe vietato.

Essendo questi obblighi inseriti nel regolamento non sarebbero finanziabili tramite la PAC e di conseguenza sarebbero un onere diretto per le aziende agricole.

Nel suo intervento presso un convegno avvenuto a Bologna prima lo scorso dicembre, Paolo De Castro riporta che non sarà questa Commissione ad approvare il Regolamento, poiché il tema risultato fortemente divisivo, e non si comprende in base a quali dati si sia scelto il 50% di riduzione, senza contare la scarsa attenzione verso le alternative come ad esempio la cisgenetica o l’agricoltura di precisione.