La comunità scientifica è unanime nell’attribuire all’uomo e alle sue attività le responsabilità della crisi climatica.
Il continuo rilascio di gas serra in atmosfera ha portato ad avere, rispetto ai livelli preindustriali, una temperatura media del Pianeta superiore di 0,98°C e la tendenza osservata dal 2000 a oggi fa prevedere che, in mancanza di interventi, potrebbe arrivare a +1,5°C tra il 2030 e il 2050.
Questi numeri si traducono non solo nello scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare, ma anche in eventi climatici sempre più estremi e frequenti, con periodi siccitosi che da straordinari sono ormai diventati una costante.
La stagione produttiva 2022 è l’esempio eclatante delle conseguenze sull’agricoltura di questo fenomeno.
La coldiretti ha cercato di fare una stima per ogni regione delle perdite dovute alla siccità che per quanto riguarda la Lombardia ci si aspettano cali di circa un terzo per orzo, frumento e riso, mentre le perdite per i foraggi si aggirano attorno al 50%, così come per le rese del mais. Previsti cali del 30% anche per gli oliveti e i vigneti non irrigui.
La manipolazione genetica può aiutare?
Tra le armi a nostra disposizione per contrastare gli effetti del cambiamento climatico vi è la manipolazione genetica.
Nei millenni l’uomo ha sempre modificato geneticamente le piante che coltivava quasi del tutto inconsapevolmente, selezionando e incrociando tra di loro quegli individui che avevano le caratteristiche migliori. Così facendo si sono ottenute varietà con qualità organolettiche uniche, rese elevate e resistenze agli stress biotici e abiotici.
Viene quindi spontaneo pensare che sia necessario mettersi al lavoro nell’incrociare le attuali varietà coltivate con altre resistenti alla siccità, ma purtroppo questa tecnica ha due grossi limiti: anzitutto sono necessari decenni per ottenere dei risultati soddisfacenti, inoltre, quel che si andrà ad ottenere, non sarà del tutto identico alla pianta genitore da cui si è partiti.
Oggigiorno, fortunatamente, abbiamo le conoscenze e le tecnologie necessarie per accelerare enormemente le tempistiche di incrocio tra due varietà, riuscendo addirittura a creare degli individui pressoché identici alla cultivar di partenza ma con le resistente che si volevano ottenere dalla seconda varietà, e tutto ciò grazie alla Cisgenetica (o Cisgenesi).
Cos’è la cisgenetica? In cosa si differenzia dagli OGM?
La Cisgenetica non è altro che una tecnica di manipolazione genetica che consiste nel trasferimento di uno o più geni di un individuo di una determinata specie nel genoma di un individuo della stessa specie, mentre con la transgenesi si utilizzano geni provenienti da individui geneticamente molto diversi, come batteri o funghi. Può sembrare una piccola differenza ma in questa sfumatura vi è la distinzione tra gli OGM e gli organismi cisgenici, perché grazie a questa tecnica non si fa altro che evitare il lunghissimo lavoro di incrocio tra due individui, ottenendo in poco tempo la cultivar desiderata, senza andare in nessun modo contro natura.
Purtroppo, anche se gli organismi cisgenici non sono propriamente degli OGM, dal punto di vista legale sono stati catalogati come tali e quindi non è possibile coltivarli in Italia, ma è in atto una proposta di legge per poter distinguere gli OGM puri dalle varietà ottenute grazie alle “Tecniche di evoluzione assistita in agricoltura”, come appunto la Cisgenetica, permettendone, si spera in un futuro quanto più prossimo, la loro coltivazione in Italia.
Le applicazioni pratiche in viticoltura di questa tecnica possono avere ricadute positive sul sistema produttivo in molti ambiti.
Le più immediate ricadute sono riconducibili alla possibilità di inserire nelle varietà conosciute i caratteri di resistenza, potendo poi usare per la produzione di vini del territorio.
Infatti, la più grande obiezione che ricevono la varietà resistenti ottenute per ibridazione spontanea, è che sono molto diverse dal punto di vista organolettico dalla varietà tradizionali che sono la base dei sistemi di produttivi a denominazione (DOCG, DOC, IGT).
Con la cisgenetica sarebbe possibile inserire i caratteri delle resistenza nei vitigni tradizionali: Sangiovese, Barbera, Groppello, Trebbiano e Chardonnay manterrebbero le loro caratteristiche quali quantitative, divenendo però resistenti ai parassiti. Ciò consentirebbe di limitare fortemente gli interventi di controllo, andando anche oltre il concetto di difesa integrata o biologica.
Allo stesso tempo si potrebbero inserire anche fattori di resistenza alle influenze ambientali, quali ad esempio il calore o la siccità, o caratteristiche morfologiche in grado garantire una maggiore qualità delle uve come ad esempio lo spessore della buccia.
Al momento lo strumento non è consentito dall’Unione Europea, ma l’augurio è che possa essere autorizzato, seppur sottoponendolo a adeguate regole.