Negli ultimi anni nei social è un fiorire di immagini e dichiarazioni relative agli effetti taumaturgici del sovescio.
Ma cos’è questa pratica? E’ davvero così miracolosa?
Il sovescio è una particolare coltura erbaceea in cui la produzione non è raccolta ma interrata al fine di aumentare la fertilità dei suoli.
Lo scopo del sovescio è quello di garantire la copertura, solitamente invernale, dei terreni per impedire il dilavamento dei suoli e l’opera di contenimento effettuata dagli apparati radicali.
La presenza di vegetazione durante il periodo invernale garantisce anche l’assorbimento di una quota dell’azoto presente e quindi un minor dilavamento dell’elemento nutritivo in caso di pioggia.
Il sovescio trova quindi la sua principale applicazione sulle colture arboree in zone collinari e con piovosità autunno invernale per ripristinare la copertura dei suoli dopo le lavorazioni dei terreni per il contenimento della siccità estiva.
Allo stesso tempo è una pratica in grado di surrogare, almeno parzialmente, l’apporto di sostanza organica nei suoli, soprattutto in quelle aree geografiche in cui l’utilizzo del letame è limitato dalla scarsa disponibilità.
In realtà, il sovescio non consente di apportare nuovi elementi nutritivi, come la letamazione, ma di mantenere, solo parzialmente, quelli presenti.
Al fine di garantire un maggior apporto di nutrienti si può effettuare un sovescio di leguminose che, tramite di fenomeni di azotofissazione simbiontica radicale, sono in grado di arricchire il suolo, oppure tramite l’apporto di concimi azotati sulla cultura da sovescio, la cui presenza limita però lo sviluppo dei tubercoli azotofissatori delle leguminose.
Il principale vantaggio del sovescio si evidenzia nell’apporto di sostanza organica che però è poco stabile a causa dell’elevato contenuto in acqua.
Infatti, il coefficiente isoumico, ossia la quantità di humus stabile che permane nel suolo in percentuale di sostanza organica immessa, del sovescio è pari al 10/20 % contro il 30/50 % di un letame.
Al fine di aumentare la quantità di humus stabile apportato sarebbe opportuno ritardare l’interramento quanto più possibile oltre la fioritura per favorire un maggior accumulo di sostanza secca.
Il sovescio ha, quindi, un buon effetto di arieggiamento dei suoli la cui durata è però limitata nel tempo e può essere effettuato con varie specie con le relative peculiarità:
- Graminacee: sono caratterizzate da un rapido sviluppo, un’ottima copertura del suolo e dalla produzione di una notevole quantità di sostanza verde, buono anche l’arieggiamento del suolo grazie agli apparati radicali fascicolati, che però si limitano agli strati superficiali del suolo;
- Leguminose: lo sviluppo e la copertura del suolo sono di minore livello rispetto alle graminacee, riguardo alle quali sono però in grado di garantire una maggiore fertilità grazie all’azotofissazione dovuta ai rizobi radicali, gli apparati radicali fittonanti di alcune specie consentono di arieggiare anche gli strati più profondi;
- Brassicacee: sono in grado di produrre una buona massa vegetale, talvolta pari a quella delle graminacee e inoltre, alcune specie, rilasciano una piccola quantità di ditiocarbammati naturali, che hanno, almeno teoricamente, la capacità di contenere lo sviluppo di funghi patogeno e disturbare i nematodi.
Per contro si ha che per mettere a dimora il sovescio e per interrarlo è necessario effettuare delle lavorazioni del terreno, che aumentando la quantità di ossigeno nei suoli, accelera i fenomeni di ossidazione della sostanza organica. Infine, il sovescio garantisce una minore presenza di infestanti per via della capacità di coprire velocemente il suolo. Qualora vi sia un inerbimento ben sviluppato ed in assenza di fenomeni di asfissia, la pratica del sovescio è da valutare attentamente.
Negli areali del nord il sovescio è consigliabile nei seguenti casi:
- Nelle coltivazioni erbacee come coltura di copertura invernale, per limitare il dilavamento dell’azoto e ridurre lo sviluppo delle infestanti. Riguardo a queste ultime si può adottare una particolare tecnica usando brassicacee sensibili al freddo (gelive) che sono, per l’appunto, distrutte dal freddo. Questo consente di non dover intervenire in primavera con la trinciatura della coltura;
- Nelle colture orticole può essere utilizzata come coltura intercalare al fine di ridurre la pressione dei patogeni fungini e per arricchire, almeno temporaneamente, i suoli di sostanza organica.
- Nelle coltivazioni arboree (vigneti)
o durante la fase di allevamento, in modo da sfruttare i vantaggi della coltura e poter lavorare i suoli al fine di contenere gli effetti della siccità estiva;
o con suoli particolarmente poveri il sovescio può sostituire, almeno parzialmente, la letamazione;
o con suoli molto costipati, al fine di sfruttare, la seppur limitata nel tempo capacità di arieggiamento dei suoli.
In definitiva il sovescio è un pratica che trova, almeno negli areali del nord Italia dove l’inerbimento permanente dei suoli è oramai una consuetudine, una pratica che può trovare delle applicazioni specifiche in assenza di alternative. La scelta della specie e della varietà è legata dalle caratteristiche pedoclimatiche del sito e agli obiettivi agronomici.
Certo è che le immagini delle stupende fioriture sono un una gioia per gli occhi!
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