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La potatura invernale della vite

Come abbiamo già detto in altri articoli la vite è una liana che in natura usa le altre piante come supporto per esporre le proprie foglie al sole.

La necessità dell’uomo è, invece, quella di contenere la pianta in un determinato spazio e regolarne la produzione in termini quantitativi, per ottenere la qualità desiderata, attraverso la  potatura invernale, che andremo ad approfondire in questo articolo, e la potatura verde, che vedremo in seguito.

la portatura invernale della vite

La potatura invernale viene effettuata durante il periodo di riposo vegetativo, quindi dalla caduta delle foglie alla ripresa vegetativa e si tratta di un’operazione che richiede un certo livello di specializzazione del personale e un notevole monte ore di manodopera (dalle 80 alle 120 ore a ettaro).

A seconda dell’età della vigna la potatura può essere di “allevamento”, se è nei primi 2 o 3 anni di vita, o di “produzione”, dal terzo o quarto anno in poi.

La potatura di allevamento ha lo scopo di favorire l’entrata in produzione della vigna e al contempo di formare una struttura aerea e un apparato radicale efficienti. Durante l’estate successiva alla messa a dimora della barbatella, la pianta viene lasciata crescere liberamente senza cimature o diradamenti, arrivato poi l’inverno si rimuovono tutti i nuovi germogli a eccezione del tralcio più vigoroso che viene, invece, raccorciato a 2 o 3 gemme. Così facendo viene ripristinata la situazione di post-trapianto ma la giovane pianta avrà un apparato radicale maggiormente sviluppato, in questo modo, durante la seconda stagione vegetativa, la vigna sarà abbastanza vigorosa da produrre tralci con una buon calibro. Nel caso in cui la pianta mostrasse ancora uno scarso vigore, si può ripetere questa operazione una seconda volta, altrimenti si può procedere alla potatura di produzione.

quante gemme per pianta?

Lo scopo della potatura di produzione è quello di mantenere nel tempo un equilibrio tra produzione, qualità dell’uva e capacità della vite di formare nuovo legno. Per raggiungere questo obiettivo bisogna quindi lasciare un certo numero di gemme per pianta, numero che può variare molto a seconda della fertilità del suolo, del clima, dell’esposizione e della genetica della pianta.

In presenza di vigne vigorose, con un suolo profondo e fertile, sarà possibile lasciare un maggior numero di gemme, mentre con piante sofferenti o collocate in posizioni sfavorevoli si dovrà rimuovere un’alta percentuale di biomassa.

Il vitigno gioca un ruolo molto importante sul tipo di potatura perché la fertilità delle gemme può variare lungo il capo a frutto. Se si ha a che fare con varietà con un’alta fertilità come il Sangiovese, sapremo che già a partire dalle prime gemme basali avremo grappoli di qualità e si potrà quindi effettuare la cosiddetta potatura “corta”, lasciando degli speroni lunghi 2 o 3 gemme. Altri vitigni meno fertili, invece, avranno bisogno di un certo numero di gemme per tralcio così da assicurare un buon livello produttivo, in questo caso si parlerà di potatura “lunga”.

Generalmente il carico di gemme per metro di filare è dalle 10 alle 30 unità, ma una volta effettuata la potatura, come possiamo capire se il numero è corretto?

Un buon indicatore è il germogliamento: se si sviluppano un numero di germogli superiore al numero di gemme è probabile che il carico di gemme sia inferiore alla potenzialità della pianta. Al contrario, se il germogliamento è disomogeneo, è sintomo di una potatura eccessivamente ricca per le reali capacità della pianta.

Gli studi hanno verificato che il rapporto vegeto-produttivo ideale, ovvero il rapporto tra il peso della produzione e quello del legno di potatura, deve essere tra 2 e 5. Il controllo dei pesi e del relativo rapporto in gruppi di piante campione nel vigneto può dare indicazioni sull’equilibrio della pianta e, di conseguenza, informazioni utili per la gestione delle concimazioni.

tecniche di potatura

Inoltre, la tecnica di potatura è in profonda evoluzione in conseguenza delle sempre maggiore incidenza della malattie del legno come il Mal dell’Esca.

Il tipo di potatura applicato prima del 2000 (potatura Guyot) era basata sulla continua applicazione di taglio di ritorno, a partire da speroni sviluppati sulla testa di salice o sul cordone verticale. Questa tecnica determina però la formazione di grosse ferite cui la vite non è in grado fisiologicamente di riparare, causando il disseccamento di grandi porzioni del legno in cui possono facilmente instaurarsi i patogeni fungini.

Dall’osservazione dei vigneti più antichi è stato possibile verificare come la tecnica di potatura senza taglio di ritorno ha favorito la conservazione delle piante e perciò si sono sviluppate diverse scuole di potatura che si basano su alcune semplici regole.

Innanzitutto è necessario garantire la continuità del flusso floematico, mantenendo i capi a frutto in posizioni favorevoli, evitando l’accumulo di nodi o legno secco che andrebbe a ostacolare appunto il flusso floematico. In tal senso, le gemme ed i capi a frutto devono essere lasciati sulla direttrice del filare, evitando le gemme che sporgono verso l’interfila, su entrambe in lati della pianta evitando così il disseccamento di un lato con la conseguente perdita di apparato radicale.

Questa tecnica di potatura determina che la pianta deve essere lasciata crescere nello spazio e nel tempo, uscendo dal canone estetico classico del contenimento nel legno di rinnovo in corrispondenza della testa di salice.

I tagli di potatura devono essere fatti solamente sul legno dell’anno o al massimo due anni, lasciando una porzione di legno di rispetto, così da ridurre gli effetti del cono di disseccamento.