Ferro, cemento o legno? Una breve guida a puntate
La scelta della tipologia di palo e della sua dimensione è spesso controversa sia tra i produttori che tra gli utilizzatori.
Tra i primi, ognuno tira l’acqua al suo mulino e propone il palo di riferimento, mentre tra i secondi è l’esperienza personale a fare la differenza.
Con questo approfondimento a puntate parleremo delle varie tipologie di palo e delle caratteristiche tecniche dei materiali; partiamo ad analizzare i pali in legno, nella prossima puntata parleremo di pali in cemento, nella terza ed ultima dei pali in ferro ed acciaio.
Il primo palo della storia è stata una pianta. Infatti, le vigne venivano maritate agli alberi, come succede in natura, e fatte arrampicare sulla chioma. La successiva evoluzione ha portato a stendere le viti su supporti tra le piante fino a creare strutture al limite dell’incredibile come l’alberata aversana (#alberataaversana).
A tutti gli effetti è stato il fil di ferro a svincolare la vite dai supporti vivi e a consentire un’evoluzione dei sistemi di allevamento.
Da allora l’uomo ha, dapprima, usato i materiali a disposizione nell’ambiente e poi prodotto sostegni con caratteristiche tecniche ed economiche via via più evolute.
Le immagini seguenti rappresentano il primo caso, con un palo di robinia non scortecciata e forato per potere far passare i fili, metodo molto diffuso in Friuli, e con un palo in pietra diffuso in Portogallo.
Il vantaggio dei materiali naturali è sicuramente l’economicità, talvolta il solo costo di andare a prelevarli nel luogo in cui si trovano, ma scontano una forte disomogeneità e la necessita di attrezzarli.
In questo caso sono le caratteristiche tecniche del materiale d’origine a contraddistinguere il palo.
Il palo in legno
Il legno ha dalla sua un’ottima flessibilità e una buona leggerezza (variabile in funzione dell’essenza), ma sconta una certa sensibilità agli agenti atmosferici e biologici.
Per poter garantire un’elevata durata del palo è necessario utilizzare essenze a legno duro, cresciute in condizioni limitanti per garantire una maggiore compattezza, oltre che una buona essicazione e un trattamento approfondito.
In generale andranno scartate quindi le essenze tenere come ad esempio l’abete bianco, il larice ed il pioppo.
Tra essenze a legno duro più diffuse troviamo sicuramente il castagno per via dell’ampia diffusione della specie sulle nostre montagne e per via della possibilità di ottenere il prodotto con una certa frequenza grazie alla ceduazione. Un ulteriore vantaggio del castagno è l’elevato tenore di tannini nel legno che, in virtù delle caratteristiche antibatteriche e antifungine, consentono di limitare la degradazione.
In alternativa, si può trovare l’acacia o il pino silvestre, ottimo quello svedese, o per i pali di testata il rovere o il frassino e la quercia. Questi ultimi, visto i costi elevati, derivano spesso dal riutilizzo delle traversine ferroviarie o dai pali elettrici e telefonici.
L’utilizzo di essenze dure esotiche è sconsigliabile per via del costo carbonico del trasporto.
A parità di essenze è necessario tenere conto delle condizioni di crescita delle piante: quelle che crescono in terreni profondi con ampia disponibilità idrica e nutrizionale tendono, infatti, a produrre vasi più grandi e quindi una grana del legno meno densa e più tenera. Di contro gli alberi che crescono in condizioni di carenza idrica o nutrizionale hanno una grana più densa ed il legno risulterà, a parità di stagione, più duro.
Le principali operazioni che possono essere effettuate sui pali in legno sono la scortecciatura, tornitura, la stagionatura l’impregnazione e la bruciatura.
La scortecciatura consiste, per l’appunto nell’eliminazione della corteccia, ed è un operazione consigliata per evitare che, nel tempo, la stessa distaccandosi, possa favorire l’accumulo di umidità e acqua, con la formazione delle condizioni favorevoli all’instaurazione di funghi in grado di degradare il legno. L’area di contatto tra la corteccia ed il legno è, inoltre, usata come rifugio da insetti xilofagi, che rodendo il legno ne facilitano la degradazione.
La tornitura consente di rendere i pali più omogenei ed esteticamente più belli, ma non ha un effetto sulla durata.
Una stagionatura effettuata lentamente e ad alle adeguate condizioni determina la formazione di un legno più compatto e evita la formazione di spaccature e delle conseguenti problematiche di durata nel tempo.
Per favorire la durata il legno viene impregnato con vari prodotti che limitano gli attacchi fungini. Fa eccezione in castagno per via dell’elevato tenore di tannini.
Il processo deve essere fatto con i prodotti adeguati e con tempi coerenti con la tipologia di legno. Grane molto fini, limitano l’ingresso del prodotto e richiedono tempi maggiori.
Se però, la parte fuori suolo del palo subisce le condizioni predisponenti al disfacimento per pochi mesi all’anno ed in particolare in corrispondenza degli accumuli di umidità e acqua, per la parte interrata il tema è molto più complesso.
Di fatto nel terreno esistono condizioni favorevoli ai funghi per molti mesi l’anno salvo in climi o aree molto siccitose. Per questo motivo la parte interrata può essere sottoposta a trattamenti specifici per favorire una miglior durata. Tra questi, la più efficace è la bruciatura, per via del fatto che la carbonificazione determina la formazione di un composto difficilmente attaccabile dai funghi. Si sconsiglia la catramazione poiché col tempo tende a incidersi e staccarsi dal legno, fungendo da accumulo di umidità
In termini generali il palo di legno andrà utilizzato quindi, preferibilmente, in ambienti siccitosi evitandone l’uso in terreni umidi per limitare elevati costi di manutenzione dopo pochi anni.
I trattamenti del piede del palo possono allungarne solo parzialmente la vita.
Tra i fattori negativi vi è anche il fatto di dover attrezzare il palo per permettere di bloccare i fili. L’utilizzo di chiodi e graffe può determinare l’avvio di fenomeni di degradazione puntiforme.
Infine, i pali di legno si adattano in modo particolare ai sistemi di allevamento in parete, mentre sono meno adatti per le forme di allevamento espanse con alto peso della struttura e della chioma, a causa degli elevati costi di manutenzione.
Pali in ferro e cemento? nella prossima puntata!